martedì 31 luglio 2007

L'Hardangerfjord, il terzo fiordo più lungo al mondo

Con i suoi 179 km di lunghezza, l'Hardangerfjord è il terzo fiordo più lungo al mondo. Anch'esso situato sulla costa sud-occidentale della Norvegia, questo fiordo è facilmente raggiungibile dalla città di Bergen. E' proprio da Bergen infatti che l'Hardangerfjord parte per estendersi in direzione nord-est fino all'altopiano di Hardangervidda, l'altopiano più alto d'Europa. Lungo il fiordo principale si diramano lateralmente altri piccoli fiordi, tra cui il più lungo è il Sørfjorden, un braccio lungo circa 50 km. L'Hardangerfjord ha una profondità massima di 800 metri, raggiunta proprio intorno alla metà del fiordo stesso. All'interno dell'Hardangerfjord, e più precisamente nella penisola di Folgefonn, si trova il terzo ghiacciao più largo della Norvegia, che ha lo stesso nome della penisola in cui sorge, copre un'area di 220 kmq, e dal 2005 è area protetta come parco nazionale. Questo ghiacciao è molto frequentato dagli sciatori d'estate per fare sci estivo. L'Hardangerfjord può essere percorso in nave con una delle numerose crociere che permettono di ammirare le bellezze naturali di questo fiordo, i suoi ghiacciai e le sue numerose cascate. Per ulteriori informazioni su questo fiordo, è possibile visitare questo sito.

lunedì 30 luglio 2007

Bergen, vecchia capitale culturale e commerciale della Norvegia

Bergen è la seconda città della Norvegia dopo Oslo, situata sulla costa sud occidentale del Paese. Molti la raggiungono come punto di partenza per una visita ai fiordi norvegesi, in quanto sorge tra il fiordo più lungo della Norvegia, Sognefjord, e uno dei più spettacolari, l'Hardangerfiotd.
La città fu fondata nel 1070, rimase capitale della Norvegia fino al 1299 e centro commerciale di primaria importanza fino a due secoli fa, soprattutto grazie al commercio di merluzzo. La città era utilizzata come importante scalo commerciale soprattutto dai commercianti tedeschi della Lega anseatica, che dettero una forte impronta anche all'architettura della città, elemento che si può vedere ancora oggi soprattutto nel quartiere anseatico di Bryggen. Bergen fu anche un importante centro religioso del Paese, con monasteri e chiese, e contribuì a diffondere in tutto il Paese il luteranesimo, che qui entrava in Norvegia portato dai commercianti tedeschi. L'elemento più caratteristico di Bergen sono le sue case in legno colorate con il loro tetto a spiovente, da godere camminando in mezzo in esse. Ma vi sono anche altri luoghi interessanti da visitare. Una tappa d'obbligo è il Fisketorvet, il mercato del pesce all'aperto dove è possibile assaggiare ai banchi salmone affumicato e gamberetti. Il Museo d'arte di Bergen testimonia la ricchezza culturale e artistica di questa città, che ha dato i natali a Edvard Grieg, di cui si può vedere l'abitazione di Troldhaugen, e ha contribuito fortemente alla diffusione delle opere di Edvard Munch. Molto bello anche l'acquario di Bergen, uno dei più grandi del nord Europa, con laghi esterni popolati da foche e pinguini. Per fare un tuffo nel passato di questa città, è consigliabile una visita al Museo di Bryggen, un museo che contiene i resti delle costruzioni più antiche della città. Di grande interesse religioso sono la Stavkirke di Fantoft, e la Mariakirken, l'edificio più antico di Bergen con i suoi 800 anni. Per godere di viste panoramiche su tutta la città di Bergen, si consigliano la funivia di Fløibanen, che dal centro porta alla collina di Fløifjellet, e quella di Ulriken, che arriva su una collina posta un po' più in altro rispetto alla prima. Su questo sito è possibile raccogliere ulteriori informazioni su Bergen.

giovedì 26 luglio 2007

In battello lungo il canale di Telemark

Al centro della regione meridionale della Norvegia scorre il canale di Telemark, unico corso d'acqua europeo insignito del premio di Europa Nostra per il modo con cui esso ha preservato l'ambiente circostante e il modo in cui viene conservato. Il canale può essere percorso con delle imbarcazioni che risalgono e discendono il tratto tra Dalen, una cittadina situata in mezzo alle montagne, e Skien, posto invece lungo la costa, nel punto in cui il canale di Telemark collega i laghi al mare. L'imbarcazione più famosa e più ambita per l'attraversamento del canale è il battello Victoria. Tutto il percorso navigabile è lungo 105 km e in esso si trovano 18 chiuse per un dislivello di 72 metri. La costruzione del canale iniziò più di 100 anni fa e fu completata nel 1892, e più di 500 uomini furono impiegati per scavare questa via tra le rocce. Quando il lavoro fu terminato, molti europei consideravano questo canale come l'ottava meraviglia del mondo. Qui è possibile vedere alcune immagini del canale di Telemark.

Le stavkirke, le chiese di legno norvegesi

Le stavkirke sono tra le costruzioni più tipiche della Norvegia. Sono chiese in legno, costruite tra la fine del primo millennio d.C. e l'inizio del secondo, e realizzate attorno ad un palo centrale che le sostiene e le bilancia. Queste chiese costituiscono una sorta di punto d'incontro tra la fede cristiana e il patrimonio culturale lasciato dall'influenza vichinga, sia nelle tecniche e nei materiali di costruzione, che negli elementi decorativi (alcune di queste presentano le teste dei dragoni che tipicamente ornavano le navi dei condottieri vichinghi). In tutta la Norvegia di queste chiese ne sono rimaste circa una trentina. La più grande di queste si trova a Heddal. La stavkirke di Heddal è stata costruita nel XII secolo e riprende la struttura di una basilica, sorretta da dodici grandi colonne e da sei colonne più piccole. Altre stavkirke si trovano a Urnes, a Hopperstan, e a Fantoft. La storia della stavkirke di Fantoft è molto interessante, perché inizialmente essa era stata costruita a Fortun, un villaggio all'interno del Sognefjord, attorno al 1150. Nel 1883, per salvarla dalla demolizione, il console Gade la spostò a Fantoft, dove però la chiesa fu bruciata nel 1992. Ma dopo il rogo, incominciò un'opera di ricostruzione che finì nel 1997 e che restituì ai norvegesi la stavkirke proprio come era prima dell'incendio. Qui è possibile vedere alcuni esemplari di stavkirke.

Le isole Svalbard, nel punto più a nord della Norvegia

Svalbard è un arcipelago di isole del Mare Glaciale Artico, che costituiscono la regione più settentrionale della Norvegia. Tra le isole che costituiscono l'arcipelago, le più grandi sono Spitsbergen, Nordaustlandet e Edgeøya, e coloro che vivono sulle isole dell'arcipelago sono in tutto 2.500 persone, che vivono di pesca, caccia e estrazione di carbone. Le isole Svalbard sembra siano state scoperte addirittura dopo la scoperta dell'America, nel 1596, dall'olandese Willem Barents, e nei secoli scorsi servirono molto come base di partenza per la caccia alle balene e per le esplorazioni artiche. La maggior parte delle Svalbard è coperta da ghiacci (non a caso il loro nome significa "costa fredda"), anche se le acque circostanti rimangono navigabili per gran parte dell'anno. Tra un isola e l'altra non ci sono ponti, ma si viaggia tramite barche, motoslitte, elicotteri o aerei. Nell'arcipelago si può osservare la specie rara dell'oca facciabianca e altre specie interessanti di uccelli. Un buon punto di partenza per la visita alle isole Svalbard può essere considerato Longyearbyen, dove si può visitare lo Svalbard Museum, che documenta storia, geologia e habitat delle isole Svalbard, e la Gallery Svalbard, con la collezione, unica al mondo, di mappe e di testimonianze delle prime escursioni a Spitsbergen. Per chi visita queste isole, interessanti sono alcuni pezzi d'artigianato locale, come gli album ricoperti di pelli di foca, le posate con manico di corno, i gioielli con denti e peli di foca o di orso polare. Su questo sito è possibile trovare preziose informazioni per visitare le isole Svalbard.

Geiranger, uno dei fiordi più belli della Norvegia

E' considerato uno dei fiordi più belli della Norvegia, forse il più bello. Geiranger si trova vicino alla parte meridionale della costa norvegese e i suoi stretti bracci si addentrano fra monti maestosi, selvagge cascate e il verde intenso della rigogliosa vegetazione. Uno degli elementi naturali che più impressionano di questo fiordo sono le ripide e torreggianti pareti rocciose a strapiombo sul mare, alte anche 500 metri, da cui scendono numerose cascate che vanno a finire nel mare, e che rendono il panorama eccezionale. Tra queste cascate, forse la più bella è quella chiamata "7 sorelle", raggiungibile solo in nave. Lungo il fiordo vi sono molti punti su cui soffermarsi. Di particolare interesse sono Dalsnibba, una cima alta circa 1.500 metri da cui si gode una bellissima vista sulle montagne e sul fiordo, la roccia sporgente di Flydalsjuvet, circa 5 km a sud di Geiranger, altro punto che offre un panorama spettacolare sul fiordo, e il bel lago nei pressi di Geiranger, che riflette nelle sue acque la montagna sovrastante con i suoi ghiacciai e il suo verde. Il fiordo di Geiranger lo si può visitare in nave, in auto, a piedi, o in mountain bike. Per avere altre informazioni su questo fiordo, è possibile andare su questo sito, mentre qui si possono vedere alcune immagini del fiordo.

In cima al Galdhøpiggen, la montagna più alta della Norvegia

Nella regione meridionale della Norvegia, chiamata Sørlandet, si trova la catena montuosa del Jotunheimen, che in norvegese significa "regno dei giganti" e che è il più imponente dei ghiacciai eterni norvegesi, attraversato dalla strada che da Bergen porta a Trondheim. Questa massiccio ospita le due cime più alte della Norvegia e dell'intera penisola scandinava: il Galdhøpiggen, alto 2.469 metri, e il Glittertind, alto 2.472 metri. Queste cime sorgono in mezzo a massicci montuosi solcati da valli profonde che raggiungono spesso il mare e sono circondati da ghiacciai e laghi. Per scalare il Galdhøpiggen è possibile raggiungere in auto quota 1881, nei pressi di Galdesand. Da qui un percorso di trekking abbastanza impegnativo consente di raggiungere la vetta del Galdhøpiggen, da dove si gode uno scenario incomparabile con un panorama su oltre trenta vette. Un'altro possibile punto di partenza è Spitertulen, sul ripido pendio della parte est della montagna. Da qui si percorre una parte erbosa, poi un lungo tratto su scomodissimi roccioni e qualche nevaio e ghiacciaietto abbastanza semplici. In circa 4 ore si può essere in vetta. Qui è possibile vedere alcune immagini del Galdhøpiggen.

mercoledì 25 luglio 2007

Le isole Lofoten, tra resti vichinghi, uccelli e sole di mezzanotte

Situato a 197 km a nord del Circolo Polare Artico, l'arcipelago delle isole Lofoten costituiscono uno dei posti più affascinanti della Norvegia. Le isole principali dell'arcipelago sono Austvågøy, Vestvågøy, Flakstadøy, Moskenesøy, Værøy e Røst, e sono collegate tra loro da ponti e gallerie sotterranee, e in tutte le isole ci sono circa 25.000 abitanti. Il poeta norvegese Bjørnstjerne BJørnson, nella seconda metà del 1800, le descrisse cosi: "miraggi di montagne galleggianti capovolte davanti e dietro di te, mentre le balene giocano e gli uccelli stridono". E' su queste isole che sono concentrati molti dei resti degli antichi villaggi vichinghi, e in alcune zone si trovano tracce di insediamente umani risalenti addirittura a 6.000 anni fa, quando le isole erano coperte di foreste di pini e betulle e la fauna era particolarmente ricca. Importanti resti vichinghi, tra cui una grande abitazione di capi vichinghi, sono stati ritrovati a Borg, sull'isola di Vestvågøy, e sono oggi conservati nel museo vichingo. Oltre ai resti vichinghi, elementi caratteristici di queste isole sono le casette dei piccoli villaggi di pescatori, come Hamnøy e Reine, le scogliere degli uccelli a Verøy e a Røst, dove si possono ammirare le numerose specie di uccelli presenti nell'arcipelago, tra cui la più famosa è la pulcinella di mare, il famoso fabbro di Sund che crea i suoi cormorani, i soffiatori di vetro, e Henningsvær, chiamata la Venezia delle Lofoten. Inoltre nelle zone a est e a nord dell'arcipelago si può vedere il sole di mezzanotte nel periodo tra il 27 maggio e il 17 luglio. Per raccogliere ulteriori informazioni sulle isole Lofoten, è possibile visitare questo sito.

martedì 24 luglio 2007

Il vero Capo Nord non è Capo Nord

Di solito quando si parla di Capo Nord si intende quel promontorio roccioso su cui si trova un grosso globo d'acciaio e che è situato all'estremità nord dell'isola di Mageraya, nel comune di Nordkapp nella Norvegia settentrionale. Questo è considerato come il punto più a nord dell'Europa continentale. In realtà, siccome Capo Nord sorge su un'isola, il punto più a settentrione dell'Europa continentale, quindi togliendo le isole, è Capo Nordkinn, chiamato anche Kinnarodden, che si trova a una latitudine di 71°08'02'', all'interno del comune di Gamvik, a circa 20 km dal villaggio di Mehamn, nella penisola di Nordkinn. Si tratta di un luogo solitario, raggiungibile anche in barca. Ma anche se si considerasse l'isola di Mageraya, quella su cui sorge quello che solitamente viene definito come Capo Nord, come parte del continente europeo, allora il punto più a nord in quest'isola non è il Capo Nord "turistico", bensì il promontorio di Knivskjellodden, situato sempre sull'isola di Mageraya a una latitudine di 71°11'08'', diversa quindi 71°10'21'' del Capo Nord "ufficiale". Questo promontorio si trova quindi un po' più a nord ovest del famoso Capo Nord, e, a differenza del primo, è raggiungibile solo attraverso un lungo sentiero sterrato. Questo è un sito dove orientarsi tra i promontori della Norvegia settentrionale, mentre qui è possibile raccogliere le informazioni utili per organizzare la gita per Capo Nordkinn, il "vero" Capo Nord.

lunedì 23 luglio 2007

Tulum, il terzo sito maya più visitato del Messico

Tulum è un sito archeologico situato sulla costa orientale della Penisola dello Yucatan, che ospita le rovine della civiltà maya. Questo sito è conosciuto anche con il nome di Zama. Nella lingua maya Tulum significa "muro", ed è proprio grazie alle sue mura di cinta che questo centro riuscì a difendersi dagli attacchi degli invasori e a preservare parti preziose degli edifici costruiti in epoca maya. Nel sito archeologico vi è un'iscrizione che risale al 564, ma la maggior parte delle costruzioni oggi visibili sono state costruite tra il 1200 e il 1450. Dopo le prime conquiste degli spagnoli, Tulum fu abbandonata da questi ultimi, mentre gli indigeni del posto discendenti dai Maya continuarono a frequentarla, per pregare e bruciare incenso nei templi, fino alla seconda metà del secolo scorso, prima che cominciasse un forte afflusso turistico. Gli interni della maggior parte delle rovine visitabili sono affrescati. Tulum oggi rappresenta il terzo sito archeologico più visitato del Messico, dopo Teotihuacan e Chichen Itza, per vari motivi: perché ben conservato, per la sua vicinanza alle zone turistiche dell'are cosidetta Riviera Maya, vicino a Cancùn, e per il panorama che offre sul Mar dei Caraibi. Queste sono alcune immagini del sito archeologico di Tulum.

Il Tempio di Quetzalcoatl a Teotihuacàn

Nella città di Teotihuacàn, nella zona chiamata La Cittadella, sorge uno dei templi più belli dell'espoca pre-ispanica, il Tempio di Quetzalcoatl. Quetzalcoatl è una parola che significa "serpente con le piume di Quetzal", ed è il nome azteco che indica il dio serpente, una delle divinità più importanti per molte civiltà pre-colombiane. Con tutta probabilità questo monumento fu costruito proprio in onore del dio serpente. La costruzione dell'opera fu iniziata probabilmente tra il 150 e il 200 d.C., e in questo tempio è verosimile che si siano consumati a quell'epoca molti sacrifici umani, tipici dei riti religiosi di quelle civiltà. Quello che è rimasto dell'antico tempio è costituito da grandi basamenti quadrati, su cui probabilmente sorgevano i templi originari. Dai basamenti si innalzavano dei blocchi sovrapposti con i lati inclinati, a formare una sorta di piramide. Sulle facciate del tempio sono raffigurate delle facce di serpente, che caratterizzano anche la grande scalinata centrale, e lungo i piani inclinati si possono ammirare dei bassorilievi che raffigurano enormi corpi di serpenti piumati con la testa rivolta verso la scalinata. Sui basamenti del tempio sono pitturati dei cerchi verdi su sfondo rosso. Il Tempio di Quetzalcoatl originariamente era tutto colorato. Qui è possibile vedere alcune immagini del tempio.

La Piramide del Sole di Teotihuacàn

La Piramide del Sole è la seconda per grandezza tra le piramidi del "nuovo mondo" dopo la Grande piramide di Cholula, e si trova a Teotihuacàn, lungo l'asse centrale di questa città, il Viale dei Morti. La struttura piramidale è formata da cinque basamenti scalati di circa 225 metri per lato, con muri a talud, interrotti al centro da scalinate fiancheggiate da rampe lisce. La piramide raggiungeva originariamente circa i 75 m di altezza, altezza mai superata da edifici preispanici conosciuti, ma oggi la piramide arriva solo a 63 metri di altezza, in quanto è andato perduto il tempio che era posto sulla sommità della piramide. La facciata principale della piramide è orientata verso il punto esatto in cui tramonta il sole nel giorno del solstizio d'estate, e ciò conferma l'ipotesi che a Teotihuacàn il culto del sole avesse particolare importanza, anche se si ignora a quale divinità fosse consacrato il tempio che coronava la cima. Originariamente la piramide era interamente coperta di stucco dipinto di rosso. Alla base della Piramide del Sole è stato scoperto nel 1971 un pozzo profondo 7 metri, con una galleria sotterranea che termina in una grotta naturale, ubicata esattamente al centro dell'edificio. In questa grotta furono ritrovati specchietti di ardesia per un uso rituale e frammenti di ceramica del primo periodo di Teotihuacàn, che indicano come la grotta risale a un periodo antecedente alla costruzione della Piramide del Sole. Qui è possibile vedere alcune immagini della Piramide del Sole.

Teotihuacàn, grande centro religioso del Messico antico

Teotihuacan è una città che sorge a una cinquantina di km a nord-est di Città del Messico, e che costituisce il più grande sito archeologico pre-colombiano del Nord America, con rovine che coprono in tutto una superficie di circa 83 kmq. Questa città fu fondata nei primi secoli d.C. e raggiunse presto il suo massimo splendore, nel periodo compreso tra il 200 e il 450 d.C, quando fu il centro principale di un'importante cultura che dominò l'America Centrale, esercitando un potere e un'influenza paragonabili a quelli dell'antica Roma. Questo potere veniva esercitato soprattutto per mezzo dei commerci e della religione piuttosto che attraverso il controllo militare, tant'è vero che in città sono assenti fortificazioni o costruzioni ad uso militare. La città venne concepita secondo un grandioso disegno urbanistico che si articolava intorno a un asse centrale, il Viale dei Morti, lungo il quale sorgono ancora imponenti edifici cerimoniali, tra i quali l'immensa Piramide del Sole, la seconda per grandezza tra le piramidi del nuovo mondo dopo la Grande piramide di Cholula, la Piramide della Luna, e molte altre piattaforme costruite con lo stile talud-tablero, uno stile in cui un pannello rettangolare, il tablero appunto, viene sistemato sopra ad un piano inclinato, il talud. Questo dimostra che proprio qui hanno avuto origine le famose piramidi a gradini che poi furono assimilate nell'architettura azteca e maya. Più avanti, lungo il Viale dei Morti, si trova un area conosciuta come La Cittadella, che comprende il Tempio del Serpente Piumato, purtroppo oggi piuttosto rovinato. Quest'area consisteva in una vasta plaza circondata da templi che rappresentava il fulcro politico-religioso della città. Nei palazzi che si trovano vicino ai templi vivevano molti degli abitanti di Teotihuacan più ricchi e potenti. La gente comune viveva invece in grandi costruzioni residenziali che sorgevano un po' in tutto il resto della città. Prove archeologiche dimostrano che la città di Teotihuacan fu abitata da genti di varie etnie, e che esistevano quartieri distinti per gli Zapotec, i Mixtec, i Maya, i Nahua, e i Totonac, che secondo la tradizione sono stati i fondatori della città. Per ulteriori informazioni, questo è il sito di Teotihuacan.

sabato 21 luglio 2007

Agadir, centro turistico del sud del Marocco

Agadir è una città che si trova nel Marocco meridionale, si affaccia sull'Oceano Atlantico, e il suo nome, in lingua berbera, significa "granaio fortificato". La città fu fondata nel 1505 da marinai portoghesi, fu contesa da Francia e Germania nel periodo coloniale, e fu rasa al suolo da due forti terremoti nel 1960. La città attuale è stata costruita due km a sud dall'epicentro di quei terremoti, e gli unici resti della città vecchia sono quelli che si trovano nell'antica kasbah sulla collina di Cap Ghir. Oggi Agadir è forse il più importante porto peschereccio del Marocco, un centro minerario per i suoi numerosi giacimenti di cobalto, manganese e zinco, ma soprattutto è una località balneare molto frequentata per le sua ampia spiaggia e per i suoi moderni centri di villeggiatura, che sfruttano i 300 giorni di sole che ogni anno caratterizzano questo posto. Negli ultimi anni Agadir è divenuta un centro rinomato anche per il golf internazionale con i suoi bellissimi campi situati tra le dune meridionali. Per chi è interessato a raccogliere ulteriore informazioni su Agadir, questo è il sito della città.

Essaouira, una perla di storia affacciata sull'Atlantico

Essaouira, anche detta la perla del regno, è una città affacciata sull'Oceano Atlantico che fu fondata secondo la tradizione dai mercanti cartaginesi in un luogo che era abitato dai berberi. Il suo nome attuale significa "muraglia", ma il suo nome più antico, mogador, di origine berbera, significava "la ben custodita". Durante l'impero romano era nota per l'estrazione della porpora, e in seguito fu governata anche da musulmani e portghesi. Centro storico della città è la kasbah, l'antica cittadella fortificata che era a difesa del porto e che è circondata da una cinta di mura merlate su cui si trovano dei cannoni spagnoli dei secoli XVII e XVIII. Tra i viottoli angusti della kasbah, si alternano case imbiancate a calce con porte blu e i laboratori degli intarsiatori su legno d'ebano e di cedro, spesso posti a pianterreno. Un luogo da visitare nella città di Essaouira è il Museo Sidi Mohammed ben Abdallah, dedicato alle arti e alle tradizioni regionali con collezioni di strumenti musicali, raccolta di gioielli, di tappeti e costumi cittadini, di armi e pitture su legno. Interessante anche il quartiere ebraico, il Mellah, dove vivevano, agli inizi del XX secolo, circa 17.000 ebrei, allora la maggioranza della popolazione della città, che però fuggirono dopo i contrasti tra arabi ed ebrei generati dalla nascita d'Israele e dalla guerra dei 6 giorni. Essaouira ha una spiaggia di sabbia fine, dove molti si riversano a fare il bagno anche d'inverno, dato il clima molto temperato del posto. Al porto, ogni mattina si può assistere alle aste per la vendita di pesci e crostacei appena pescati. Essaouira è anche nota per un festival che si tiene ogni anno a giugno: il festival di musica gnaoua, la musica del gruppo etnico dei Gnaoua, musicisti e guaritori discendenti di antichi schiavi originari dell'Africa nera. Questo è il sito della città, dove vedere delle immagini di Essaouira e raccogliere informazioni utili per visitarla.

venerdì 20 luglio 2007

La Valle del Dadès, la valle delle mille kasbah

La Valle del Dadès scorre ad est della cittadina di Ouarzazate, tra la catena dell'Alto Atlante e i picchi neri di origine vulcanica della zona desertica del Jebel Sarho. Il fiume Oude Dadès, scorrendo lungo la valle, ha alimentato numerose oasi, tanto che la valle è anche detta Valle delle Mille Kasbah, proprio per i numerosi insediamenti stabili nati intorno alle oasi. Per parecchi km i paesi che si incontrano lungo la strada che percorre la valle sono cosi numerosi che sembrano quasi formare un unico insediamento abitativo. Tra le varie kasbah che si incontrano ci sono El Kabbaba, Dar Aichil, Dar Ait Sousse, Amerhidil, Bou Taghar, Glaoui, che sembra in sospeso su una roccia, e Azlag, dove i fabbri, quasi tutti gli uomini del villaggio, fabbricano magnifici pugnali istoriati. Dal villaggio di Boumai, i versanti desertici della montagna rosicchiano vegetazione alla valle, anche se le oasi non finiscono. Un passaggio interessante lungo la valle è costituito dalla gola del Dadès, un enorme blocco di calcare che sembra tagliato da una spada per la regolarità delle pareti verticali. A seconda dei diversi momenti della giornata, il sole che batte sulle pareti calcaree fa assumere alla roccia tonalità lilla, ruggine, rosso vivo e porpora, avvolgendo in un affascinante gioco di colori le kasbah che si trovano nella gola. Queste sono alcune immagini della Valle del Dadès.

El Kelaa M'Gouna, la capitale della rosa nel sud del Marocco

El Kelaa M'Gouna è una cittadina del Marocco meridionale nota per essere il principale centro di produzione di acqua di rose e di tutti gli altri preparati realizzati con le foglie della pianta. Qui si raccoglie anche la rosa damascena, che, secondo la leggenda, è stata importata dalla Mecca. El Kelaa M'Gouna, che giace nella cosidetta Valle delle Rose, richiama molti turisti nel mese di maggio, quando c'è la festa delle rose, una festa popolare di 3 giorni che si celebra alla fine della raccolta delle rose. La festa delle rose è l’occasione, per i coltivatori delle colline e dei villaggi vicini, di scendere in città per sfoggiare e celebrare la raccolta dell'anno. Sotto una pioggia continua di petali le giovani donne berbere arrivano nella città per ballare e sfilare in corte. Nelle vie della città, un suq di mazzi profumati si genera lungo la via principale, mentre risuonano trombe e tamburi, e una sfilata di carri, decorati con motivi naif, si snoda lungo il percorso. Le date della festa possono variare a seconda del tempo e dalla raccolta delle rose ma indicativamente essa ha luogo tra il 14 e il 27 maggio.

La gola del Todra, meraviglia naturale del Marocco

A soli 15 km da Tinerhir, città dell'Alto Atlante, al fondo di una lussureggiante vallata ricca di palme e punteggiata di villaggi di berberi in mattoni di fango, sorge una delle bellezze naturali più sorprendenti del Marocco, la gola del Todra. Si tratta di una grande frattura naturale che divide la catena dell'Alto Atlante dai contrafforti del Jebel Sarho. Essa è larga 10 metri nel suo punto più stretto e 30 in quello più largo, ed è attraversata da un fiume dall'acqua cristallina, cui una leggenda locale attribuisce miracolose proprietà benefiche e curative. Nel suo punto più stretto la gola raggiunge i 300 metri di altezza. La gola è particolarmente affascinante al mattino perché il sole, penetrando dal fondo, punta i suoi raggi sulle pareti vertiginose creando dei giochi di luce particolari e facendo assumere alle rocce rosa un'intensa tonalità ocra. Lungo le pareti verticali della gola del Todra vi sono anche numerosi turisti che praticano l'arrampicata sportiva, mentre per chi non si arrampica, è sempre possibile fare un po' di trekking per percorrere a piedi la gola. Qui è possibile vedere alcune immagini della gola del Todra.

Sul Jebel Toubkal, la montagna più alta della catena dell'Alto Atlante

Alle spalle di Marrakech, si erge la catena dell'Alto Atlante, che ha diverse cime che superano i 4.000 metri d'altezza. Ma la montagna più alta di questa catena è il Jebel Toubkal, alta 4.167 metri. La salita sulla cima del Jebel Toubkal richiede 2 giorni di cammino partendo dal villaggio di Imlil, ma può essere interessante dedicare all'ascesa anche più giorni, perché lungo il tragitto si ha la possibilità di incontrare numerosi villaggi della popolazione locale, con cui ci si può intrattenere per conoscere meglio la loro cultura, al di fuori delle solite piste turistiche. Per pernottare lungo il percorso è possibile fermarsi in uno di questi villaggi che si incontrano lungo il cammino, nelle cosidette gite d'etape (posti tappa), oppure si può scegliere una sistemazione improvvisata in mezzo alla natura dei bei paesaggi che questa montagna offre, se si ha a disposizione una propria tenda. Siccome i sentieri, pur essendo battuti, non sempre sono segnati, molti turisti si servono di una guida locale per salire in vetta. Di solito si parte da Imlil, e si prende una mulattiera che sale tra case e noceti in direzione del borgo di Aroumd, posto a circa 2.000 metri d'altezza. Dopo questo villaggio si attraversa un vasto e roccioso pianoro alluvionale e, giunti al fondo, si prende una mulattiera che sale sulla sinistra del vallone fino al piccolo borgo di Sidi Chamharouch. Da qui la mulattiera si allontana nuovamente dal fiume per risalire il lato destro del vallone, per arrivare al rifugio del Toubkal, dove si può pernottare. Ripartendo dal rifugio, si sale in mezzo a una pietraia, per poi arrivare a un sentiero ben segnato in mezzo a un vallone molto ampio. Da qui si sale fino al Tizi n'Toubkal, a 3.940 metri d'altezza. Da questo il sentiero svolta a sinistra e segue il crinale fino in cima. Queste sono alcune immagini del Jebel Toubkal.

I piatti tipici della cucina marocchina

La cucina marocchina è il frutto dell'accumularsi di tradizioni culinarie diverse, a partire da quella degli indigeni berberi, quella della popolazione andalusa, che ha portato ai marocchini l'utilizzo di ingredienti quali olive, olio d'oliva e noci, e quella degli arabi, che hanno introdotto nella cucina marocchina le spezie. Oltre al noto couscous, farina di semolino cotta al vapore in un brodo aromatico di carne e verdure, un piatto tipico della cucina marocchina è il tajine, un misto di carne e pollame che prende il nome dalla pentola nel quale la carne viene cotta. Il B'stilla è invece un misto di carne di piccione speziata, uova cremose aromatizzate al limone e mandorle, cotte al forno o fritte in un contenitore circolare fatto di foglie sovrapposte di pasta e coperto da una decorazione di zucchero e cannella prima di essere servito. Il mechoui è il piatto di agnello cotto sui carboni ardenti che viene servito tradizionalmente durante il festival Aid al Kebir che ha luogo alla fine del Ramadan. Un altro piatto di carne tipico è il briouats con kefta, fatto con carne di manzo tritata, grasso di montone, peperoncino, uova e cannella. Sempre con carne di manzo, e zafferano, è fatto il chorba fassia, o fassi chorba. Altri due piatti molto tipici sono l'harira, una specie di minnestrone con carne di manzo o di montone, ceci, lenticchie, il tutto cucinato anche con pepe e zafferano. Per quanto riguarda le salse vi sono la chermoula, che si usa principalmente con il pesce, e la feggas. Mentre quando si arriva ai dolci, da assaggiare sono il ghoriba, con mandorle o amaretti, e le harcha, le frittelle di semolino.

La tribù amazzonica degli indios Zoè

Nella foresta amazonica esiste una tribù che ha come proprio segno distintivo un ornamento vistoso all'altezza del mento, costituito da un cilindro di legno bianco innestato sui denti da latte, nella parte interna del labbro inferiore. Sono gli Zoè, una parola che nella loro lingua significa "noi", e già nel nome trapela un qualcosa che appartiene solo a comunità antiche non ancora raggiunte dal progresso occidentale, il senso della comunità. E' una comunità piccola quella degli Zoè, in tutto circa 200 indios, che vivono completamente nudi, portando solo qualche ornamento sul corpo, mentre le donne e le bambine hanno un copricapo fatto con piume d'uccello. Gli Zoè vivono di caccia e di pesca, raccolgono la frutta che la foresta spontaneamente offre loro, e coltivano un tubero con cui fanno la farina. Passano la notte sotto capanne di paglia. La loro struttura sociale non è gerarchica e non c'è un capo del villaggio, mentre le famiglie spesso sono composte da più mariti, una sola moglie e diversi figli. Questa tribù ultimamente rischia l'estinzione perché minacciati dai cosidetti garimpeiros, cercatori d'oro e diamanti senza scrupoli capaci anche di uccidere gli indigeni per eliminarli o per indurre gli altri ad abbandonare le loro terre.

giovedì 19 luglio 2007

Nuova Julfa, il quartiere armeno di Isfahan

Fu per volere di Shah Abbas I che gli armeni si stanziarono in un preciso quartiere di Isfahan, detto Nuova Julfa perché la maggior parte degli armeni che giungevano qui provenivano dalla città di Julfa, a nord dell'Iran. L'intento di Shah Abbas I era quello di proteggere questa popolazione cristiana durante l'invasione ottomana, ma anche di aiutare lo sviluppo della città di Isfahan, dato che gli armeni erano famosi per essere lavoratori tenaci e instancabili e abili mercanti. In realtà questa zona della città è costituita da 4 quartieri diversi, che ospita 10.000 dei circa 150.000 armeni che vivono oggi in Iran e che qui hanno 4 scuole, un orfanotrofio e una casa per gli anziani. Il centro di questo quartiere è rappresentato dalla Cattedrale di Vank, con un interno molto interessante ricoperto di affreschi in un particolare stile islamico-cristiano. Di fronte alla facciata della Cattedrale, si trova il Museo della Comunità Armena. Al suo interno si possono vedere alcuni video che mostrano le immagini del genocidio degli armeni perpetrato dai turchi nel 1915, alcune foto sugli aiuti che il popolo persiano diede agli armeni, oggetti e ritratti che raccontano 4 secoli di Nuova Julfa, e più di 700 manoscritti, tra cui, cosi si dice, il primo libro stampato in Iran. Ma l'oggetto che più impressiona all'interno del Museo è un capello fregiato di decorazioni in oro, visibili solo con una lente di ingrandimento.

mercoledì 18 luglio 2007

Masuleh, il villaggio incastonato nella montagna

Masuleh è un piccolo villaggio iraniano incastonato tra il Mar Caspio e la catena montuosa degli Alborz, a un'altitudine di 1.050 metri sopra il livello del mare. E' un villaggio dove non circolano automobili e dove si vive praticamente solo d'estate, perché d'inverno è difficilissimo sopravvivere al freddo di questo posto tagliato fuori dalle principali vie di comunicazione. Masuleh è un villaggio costituito da un gruppo di case che sembrano emergere naturalmente dalla roccia delle montagne in cui sono state costruite. Le casette color crema, quasi mimetizzate nella roccia, con le loro finestrelle di legno, sono aggrappate l'una sopra l'altra e il soffitto dell'una funge da terrazzo a quella superiore. Da quelle terrazze gli abitanti di Masuleh vendono i loro prodotti d'artigianato, in modo particolare le chamush, le scarpe di pelle di color rosse tipiche della zona. Il modo migliore di stare a Masuleh è trascorrere una o più notti in una delle case private, sperimentando il fascino di vivere praticamente dentro la montagna. Per chi volesse iniziare a capire cos'è Masuleh, queste sono alcune immagini del villaggio.

Yazd, la città dei seguaci di Zoroastro

Yazd è una città posta al confine tra i due deserti iraniani di Dash-e Lut e Dash-e Kavir. Essa interrompe la monotonia del deserto con le sue case color ocra, che hanno un elemento architettonico tipico nei badgirs, le torri del vento, che servono a tenere fresche le abitazioni. Queste torrette catturano l'aria, la incanalano in profondità prima di portarla nelle stanze, producendo cosi una fresca ventilazione all'interno dei locali. Un altro elemento caratteristico di Yazd sono le immense cisterne per l'acqua, sormontate da cupole, esempi perfetti di costruzioni del deserto, fatte con mattoni di terracotta e di paglia essicata. Ma l'aspetto forse più interessante di Yazd è il fatto di essere il centro più importante per i seguaci di Zoroastro, che in questa città sono più di un migliaio. Nel centro della città sorge il tempio zoroastriano di Atashkadeh, in cui viene custodito il fuoco eterno, un fuoco che, a detta degli zoroastriani, brucia ininterrottamente dal 470. Il fuoco per gli zoroastriani è principio di vita, e, come gli altri 3 elementi vitali, terra, aria e acqua, va difeso dalle impurità. L'entrata del tempio è sormontata dall'immagine alata di Zoroastro che tiene in mano un anello, simbolo del verbo sacro di Zoroastro, un dono che egli porge a tutti coloro che lo vogliono predicare. A circa 15 km da Yazd sorge un altro monumento caro agli Zoroastriani, le cosidette Torri del Silenzio. Qui i sacerdoti portavano i corpi dei defunti, che venivano posti in cima alle torri per essere spolpati dagli avvoltoi e dagli uccelli rapaci che ne mangiavano le carni. Quqesto perché le carni dei defunti erano considerate impure, e quindi i defunti, prima di essere sepolti nella terra, dovevano essere "ripuliti" delle loro carni. A Yazd si consiglia di visitare anche la bella Moschea del Venerdi, ricoperta di mosaici e con due minareti che sono tra i più alti di tutto il Paese. Su questo sito si possono raccogliere altre informazioni su Yazd.

In visita alla tomba di Ciro il Grande a Pasargade

Situata in una vallata che si trova a un'altitudine di 1.900 metri sopra il livello del mare, Pasargade è il luogo dove Ciro il Grande stabilì la capitale del suo grande Impero nel 546 a.C. Pochi resti rimangono di tutto quello che fu fatto costruire ai tempi dell'Impero. Tra questi la tomba di Ciro, che localmente è conosciuta con il nome di Tomba della Madre di Salomone, un nome che probabilmente le è stato dato durante l'invasione araba. La tomba è un grande sarcofago bianco che spicca isolato in mezzo ai campi arati, con uno stile molto semplice, sul modello di uno ziggurat mesopotamico. Essa è situata su una gradinata di 6 gradoni che portano alla cella centrale, che oggi è vuota. La storia racconta che quando Alessandro Magno giunse a questa tomba, nonostante fosse deciso a distruggere tutte le vestigia dell'Impero persiano, davanti alla tomba di Ciro il Grande placò la sua furia. A fermarlo pare furono le parole dell’epigrafe che lo stesso Ciro aveva fatto scolpire all’interno della cella colma dei suoi tesori: "Passeggero, io sono Ciro. Ho dato l'impero ai Persiani e ho regnato sull'Asia. Non invidiarmi dunque questa tomba". Alla morte di Alessandro gli invasori che a ondate successive irruppero in Persia distrussero e depredarono tutto quel che rimaneva del regno persiano, ma questa tomba rimase pressoché intatta. Aggirandosi tra le rovine intorno alla tomba, ci si può imbattere in bassorilievi che ritraggono figure misteriose e stupefacenti, come quella di un uomo-pesce dalla coda squamata, o quella di un grande angelo dalle ali spiegate. Qui è possibile vedere alcune immagini della tomba di Ciro il Grande.

Kashan, la città dei tappeti

A metà strada tra Teheran e Isfahan, a un'altitudine di 1.600 metri, sorge la città di Kashan, un'oasi famosa per la sua seta, la sua ceramica, il suo rame, la sua acqua di rose e, soprattutto, per i suoi tappeti. Essi sono conosciuti con il nome di Kashan Motashemi, che deriva probabilmente dal nome di uno dei primi artigiani, e sono spesso caratterizzati dagli stessi colori e lo stesso tipo di decorazioni. Il campo è quasi sempre decorato da un medaglione centrale, che termina, lungo le assi verticali, con 2 corone fiorite. Il resto del campo presenta un intreccio fitto di fiori e viticci. Ai 4 angoli del tappeto una ricca cornice delimita un motivo che richiama disegni e colori del medaglione centrale. La bordura dei tappeti è composta da 2 o da 4 cornici secondarie che fiancheggiano quella principale, decorata quasi sempre con il motivo herati di bordura, mentre le secondarie presentano la decorazione della rosetta e del ramo a serpentina. I colori tipici dei tappeti di Kashan sono il rosso mattone e il blu cupo. Ma Kashan, oltre che per i tappeti, merita una visita anche per la Casa di Boroujerdi e il Giardino di Fin. La prima è una costruzione molto particolare, con delle torri del vento e delle decorazioni floreali in stucco, che rimangono impresse nella mente. Mentre il Giardino di Fin, chiamato anche Bagh-e Shah, si trova a 6 km a sud-ovest da Kashan e ospita il palazzo a due piani del Grande Shah Abbas e la sorgente eterna di Solaimanyeb, la cui acqua in passato veniva usata anche per scopi terapeutici. A questa pagina è possibile vedere alcune immagini di Kashan.

martedì 17 luglio 2007

Il mausoleo di Oljaitu Khodabandé a Sultanieh

Sultanieh, la città dei Sultani, è una città che fu capitale del regno mongolo e che raggiunge il suo massimo splendore nel XIV secolo. In questa città sorge uno dei più imponenti mausolei del mondo, quello di Oljaitu Khodabandé, che è situato su un altopiano aperto a circa 2.000 metri di altezza e rappresenta l'unico momento rimasto in piedi dell'antica capitale mongola. Questo mausoleo ha una cupola a uovo tra le più grandi al mondo, che con i suoi 53 metri di altezza e 25 di diametro domina il deserto in lontananza. Purtoppo non è rimasto nulla di originale del portale d'ingresso cosi come degli 8 minareti che attorniavano questo mausoleo dalla forma ottagonale. Tutt'intorno vi sono 24 gallerie sulle cui volte erano dipinte figure geometriche colorate, mentre il resto del mausoleo era ricoperto da motivi floreali, mosaici colorati e iscrizioni sacre che proclamavano il messaggio di Allah. Da alcuni anni sono stati intrapresi dei lavori di restauro per riportare all'antico splendore questo mausoleo. Questo è il sito della città di Sultanieh, mentre qui è possibile vedere alcune immagini del Mausoleo di Oljaitu Khodabandé e e trovare altre informazioni utili.

Tabas, la regina del deserto

Viene chiamata la regina del deserto, soprattutto per la sua posizione, a metà tra i due deserti che caratterizzano la regione sudorientale dell'Iran, il Dasht-e Kavir, il Grande Deserto Salato, e il Dash-e Lut, che confina con Afghanistan e Pakistan. E' l'oasi più grande e più importante presente in una regione desertica di circa 400.000 kmq, ma anche qui, per quasi tutto l'anno, la temperatura è superiore ai 50 gradi. Anche d'inverno, nel periodo compreso tra novembre e febbraio, mentre nel deserto circostante scende un freddo rigido, a Tabas la temperatura rimane tropicale. Questa città conobbe il suo momento di maggior splendore nel periodo del regno selgiuchide, di cui ancora oggi si possono vedere alcune bellezze architettoniche, come i due minareti del XII secolo che fiancheggiano la scuola teologica, la Madrasseh-e Do Minar, anch'essa di quel periodo. Ma il posto più bello di Tabas è il giardino tropicale Bagh-e Golshan, con un parco pieno di piante tropicali che si snoda lungo un corso d'acqua posto al centro del giardino. All'interno del parco si possono vedere uomini religiosi che discutono di fede, coppie che passeggiano mano nella mano, famiglie con bambini che fanno i pic-nic e anziani che vanno lì per ripararsi dal caldo.

La Tarik Khana di Damghan, la moschea più antica dell'Iran

Situata a 350 km da Teheran, Damghan è una cittadina iraniana che in passato fu anche capitale del Paese sotto i Parti e fiorì anche in seguito sotto il regno dei Selgiuchidi. Oggi alcuni resti di questo antico splendore sono conservati nel sito archeologico di Hecatompylos, situato a pochi km a sud da Damghan. Ma l'edificio antico più interessante di questa cittadini è Tarik Khana, quella che probabilmente è la moschea più antica dell'Iran, conosciuta anche con il nome di Masjed-e Chehel Sotun ("Moschea delle quarante colonne"). La moschea fu costruita nel 760 ed ha un minareto di 25 metri, leggermente distaccato dal resto della moschea, che risale al periodo selgiuchide. L'entrata della moschea si trova a sud del minareto, mentre al suo interno si trova anche un bel mihrab. Questa moschea è ritenuta una tappa importante nell'evoluzione dello stile architettonico persiano. Per arrivare a Damghan bisogna prendere un pullman fino a Semnan o a Shahrud, e prendere una coincidenza che porta a Damghan, dato che non ci sono pullman diretti che arrivano in questa cittadina da Teheran o da altre città del Paese. Qui è possibile vedere alcune immagini della moschea.

lunedì 16 luglio 2007

La spiaggia di Varkala, relax e spiritualità

Sulla costa del Malabar, nella regione indiana del Kerala, scorre la spiaggia di Varkala, che alla bellezza del paesaggio combina la sacralità dei luoghi di spiritualità indiana. Infatti la prima parte della spiaggia, quella situata a Papanassam, è dominata da un tempio antico, dove offerte ed abluzioni vengono donate al mare, mentre la parte a nord è una vera e propria stazione balneare. La spiaggia è circondata da un'imponente scogliera rossa ricoperta di palme, con alla base sorgenti di acqua minerale, dove ci si può fare una doccia dopo una bella nuotata nel mare. Questa località è anche una stazione termale, dove poter sperimentare i trattamenti e i massaggi ayurvedici, la pratica dello yoga e altre terapie olistiche, anche se forse presentati un po' con superficialità in ottica turistica. A cavallo tra marzo e aprile, qui è possibile assistere all'Arattu Festival, durante il quale sfilano carri allegorici raffiguranti il phanteon delle divinità indiane, elefanti, danzatori, musici tribali, oltre a un imponente spettacolo di fuochi d'artificio. Nelle vicinanze di Varkala poi, vi sono altri luoghi interessanti da visitare: l'ashram di Amma, la rete di canali fluviali (i cosidetti Backwaters), il parco naturale di Peryar con una grandissima varietà di fauna e flora tropicale, i luoghi in cui si fanno spettacoli di KataKali, le tradizionali danze del posto. Queste sono alcune immagini della spiaggia di Varkala, mentre qui è possibile raccogliere informazioni utili per una permanenza in questa località.

sabato 14 luglio 2007

I templi di Khajuraho, meraviglia del Madya Pradesh

A Khajuraho, nella regione indiana del Madhya Pradesh, si trova uno dei complessi architettonici più interessanti di tutta l'India. Sono i templi di Khajuraho, costruiti tra il 950 e il 1050 d.C. Originariamente erano 85, ma oggi ne sono rimasti una ventina. La loro edificazione si deve ai sovrani Chandela, la cui dinastia raggiunse il massimo splendore con il re Dhanga (950-1008). I templi sono costruiti in pietra arenaria e sorgono in uno spazio aperto privo di mura di cinta, sorgono su ampie piattaforme spesso con quattro tempietti angolari e sono caratterizzati da un alto basamento a elaborate modanature che ne sottolineano lo slancio verticale. Il complesso di Khajuraho si divide in due settori, il più importante dei quali è quello occidentale, che include i templi Varaha, Lakshmana, Kandariya Mahadeva, Mahadeva, Devi Jagadamba, Chaunsath Jogini, Chitragupta, Parvati e Vishvanatha. Il più imponente tempio di questo complesso è il Kandariya Mahadeva, dedicato a Shiva, con il suo Shikhara, una torre di 31 metri. Al secondo settore, quello orientale, appartengono invece i templi Vamana, Javari, Duladeo e il Chaturbhuja-Vishnu. Tutti i templi sono ornati con numerose sculture, che costituiscono una delle più alte espressioni artistiche del Tantrismo. Le sculture che adornano le parti superiori dei templi sono rappresentazioni del mithuna, l'accoppiamento degli dei che genera l'energia vitale. Si possono osservare anche sculture di animali fantastici, danzatrici e ninfe. Le rappresentazioni nella parte inferiore, vicino alla piattaforma su cui appoggiano i templi, sono invece delle pure e semplici sculture erotiche. Qui è possibile vedere alcune immagini dei templi di Khajuraho.

venerdì 13 luglio 2007

Il museo di Rabindra Bharati di Calcutta, dedicato a Tagore

Calcutta è la città natale di Rabindranath Tagore, scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo indiano, insignito anche del premio Nobel per la letteratura nel 1913. E a Calcutta, vicino al Girish Park in Chittaranjan Avenue, si trova, sul luogo di quella che era la casa di Tagore, un museo che raccoglie le memorie dell'intellettuale indiano: pitture originali, fotografie, libri e altri documenti importanti. E' il museo di Rabindra Bharati, conosciuto a Calcutta anche con il nome di Jorashanko Thakurbari. Il museo fu realizzato nel 1961 in occasione del centenario della nascita di Tagore, ed è una parte della Rabindra Bharati University, istituita nel 1962, come luogo educativo di eccellenza nelle arti e nelle discipline umanistiche. Il museo contiene ben 40 dipinti originali di Tagore, moltissime sue fotografie, che vengono dalla National Library, scritti originali, e tanti suoi oggetti personali, come libri e giornali. Questo è il sito del museo dove raccogliere informazioni utili alla visita e dove iniziare anche una visita virtuale osservando le immagini di alcuni dipinti di Tagore raccolti nel Museo e ascoltando alcuni brani musicali da lui composti.

giovedì 12 luglio 2007

I Gadaba, il gruppo primitivo più "mimetizzato" dell'Orissa

Il gruppo etnico dei Gadaba include tre diverse tribù: i Boro-Gadaba, gli Ollar-Gadaba e i Paranga. Essi tra di loro si chiamano Guthan e tra i primitivi dell'Orissa essi sono quelli che più si sono fatti assimilare dalla popolazione hindu circostante e meno hanno conservato la loro lingua e le loro usanze, eccetto forse i Boro-Gadaba. Ma tra di loro se ne trovano ancora che parlano il Gadaba, un dialetto Mundari. Essi sono un popolo di agricoltori e di cacciatori, ma lavorano anche come trasportatori sulle colline. Tant'è vero che la parola Gadavb sta a indicare una persona che porta pesi sulle proprie spalle. Anche se una tradizione vuole che queste tribù debbano il loro nome Gadaba al fatto che i loro antenati venivano dalla zona del fiume Godavery. Nonostante sia difficile distinguere i Gadaba nelle città dove essi talvolta si trovano per lavoro, essi conservano tuttavia degli aspetti tipici della loro cultura. Per esempio amano sposarsi con gente del loro stesso ceppo tribale. Le donne Boro-Gadaba poi sono riconoscibili perché portano dei grandi collari di metallo intorno al collo e si ornano le orecchie con enormi ma sottili cerchi in bronzo, che le rendono facilmente riconoscibili nel mercato di Onkudelli. Un'altra usanza tipica dei Boro-Gadaba è quello di erigere al centro del loro villaggio, sotto un albero frondoso, uno o più monoliti in memoria dei loro antenati. Coloro che muoiono vengono cremati, tranne alcune ossa che rimangono alla famiglia, e circa 10 giorni dopo la morte si organizza una grande cerimonia alla quale partecipa tutto il villaggio, durante la quale vengono sacrificati vari bufali ed altri animali e si bevono litri di birra di riso e liquore fermentato. Dopo la cerimonia il defunto ritornerà nella propria famiglia, reincarnandosi nel primo bambino che nascerà.

mercoledì 11 luglio 2007

Tra i Dongria Kondh sulle colline Niyamgiri di Rayagada

I Dongria Kondh sono una tribù primitiva che vive in piccoli villaggi sulle colline Niyamgiri del distretto indiano di Rayagada, nella regione dell'Orissa. Il nome che li distingue dalle altre tribù Kondh di quella regione indiana, Dongria, deriva da Dongar, che sta a indicare i pendii delle colline dove essi coltivano. Infatti il popolo Dongria Kondh vive pervalentemente di orticoltura, oltre che di caccia. Essi hanno un carattere piuttosto aggressivo e scostante e una delle istituzioni sociali che li contraddistingue è quella dei dormitori, un luogo del villaggio dove vengono radunate tutte le ragazze del villaggio tra i 10 e i 15 anni, che vengono poi visitate dai ragazzi degli altri villaggi. Quando un ragazzo arriva nel dormitorio, sceglie la ragazza che più le piace e le lancia una sciarpa, tradizionalmente tessuta e ricamata a mano da una sorella; se la ragazza l’accetta i due passano la notte insieme. A differenza di quello che succede nella societa indù, fra i Dongria Kondh, come del resto anche fra le altre tribù primitive dell'Orissa, il matrimonio è in genere basato sulla reciproca attrazione. Altri aspetti caratteristici della tribù dei Dongria Kondh sono l'abbigliamento e la conciatura delle loro donne. Esse usano portare tre anelli al naso e grosse collane tonde in bronzo o alluminio, e ornano le loro mani e le loro braccia con anelli e numerosi braccialetti con le decorazioni a rombo, che tra tutti i Kondh rappresentano il sangue dei sacrifici rituali. Esponenti dei Dongria Kondh è facile incontrarli al mercato settimanale di Bisamatak.

martedì 10 luglio 2007

Il Taj Mahal di Agra, una delle più belle meraviglie del mondo

Ad Agra, nell'India settentrionale, si trova, sulle riva del fiume Yamuna, il mausoleo di Taj Mahal, che significa "Palazzo della corona". E' un imponente monumento architettonico fatto costruire dall'imperatore moghul Shah Jahan nel 1632 in memoria della sua seconda moglie Arjumand Bano Begum, conosciuta anche con il nome di Mumtaz Mahal, che in persiano significa "la luce del palazzo". E' da molti considerato una delle più belle opere architettoniche del mondo per vari motivi: la sua imponenza, la perfezione delle sue forme e proporzioni geometriche, e il fatto curioso che esso, per il marmo con cui è rivestito e per l'esposizione delle sue superfici, cambia il suo aspetto nelle ore della giornata a seconda del cambiamento della luce del sole e dei diversi effetti ottici provocati dalle ombre sul marmo. Tutto il complesso del Taj Mahal copre un'aria di 580x300 metri ed è costituito da 5 elementi principal: il darwaza (portone), il bageecha (giardino) che è la tipica forma di charbagh (giardino diviso in quattro parti) mughal, il masjid (moschea), il mihman khana (casa degli ospiti) ed infine il mausoleum ovvero la tomba. Entrando dal portone principale ci si trova nella parte iniziale del charbagh. All'interno del giardino si trovano aiuole di fiori, canali d'acqua che riflettono l'immagine del Taj e viali alberati. Alla fine dell'asse centrale del giardino si trova la tomba. Ad ovest della tomba è situata la moschea. Costruita in arenaria rossa, è l'edificio che santifica il complesso ed è il luogo di culto dei pellegrini. Ad est della tomba si trova invece il cosiddetto jawab ("risposta"), edificio utilizzato come casa per gli ospiti e costruito come gemello della moschea, in modo da rispettare la simmetria architettonica. Qui è possibile vedere alcune immagini del Taj Mahal.

lunedì 9 luglio 2007

I Kutia Kondh, un popolo pacifico e geloso delle proprie tradizioni

Un'altra tribù primitiva della regione indiana dell'Orissa è costituita dai Kutia Kondh, un sottogruppo della famiglia etnica dei Kondh. I Kutia Kondh vivono di caccia e di agricoltura e sono una popolazione molto pacifica. Essi ci tengono a preservare la loro cultura e quindi solitamente tendono a mantenere le distanze dagli stranieri. Le loro case sono capanne costruite prevalentemente lungo i pendii delle colline, e sono poste in fila lungo un'asse che va dall'alto verso il basso della collina e che costituisce il "luogo d'incontro" del villaggio, la loro "piazza". Al centro di questo luogo sorge il palo sacrificale, che alcune volte è ornato con fregi triangolari o romboidali. Aspetto caratteristico di questa comunità è l'abbigliamento e il trucco delle donne, che si vestono con una striscia di stoffa attorno ai fianchi e una che si mette attorno al collo e che cade sul torace a mo' di sciarpa. Le donne Kutia Kondh, a differenza di quelle appartanenti ad altri gruppi Kondh, non si fanno i tatuaggi per esorcizzare gli spiriti maligni, ma talvolta si adornano le guance e la fronte con tre semplici puntini, e sovente amano portare bracciali e altri ornamenti. Anche gli uomini Kutia Kondh indossano una fascia che cinge i fianchi, che costituisce un vestito chiamato Kodi.

sabato 7 luglio 2007

La tribù primitiva dei Bonda

I Bonda costituiscono una delle tribù più primitive dell'India e vivono in una zona collinare a sud di Jeypore nella regione indiana dell'Orissa. Essi vivono su terreni poco fertili trascurati dagli indù, utilizzando delle tecniche di semina e di coltivazioni molto primitive. I Bonda oggi sono rimasti solo in 1.500 e continuano a diminuire per vari motivi: la loro esclusione dal contesto dell'India che conta e che si sviluppa, l'alta mortalità infantile, il loro spirito bellicoso che ogni anno genera diversi morti, il problema della consanguineità. Tra gli aspetti caratteristici del loro stile di vita, un largo uso di bevande alcoliche distillate da vari elementi vegetali, come la palma, i fiori e il riso, rapporti familiari improntati all'individualismo e una forte irascibilità che si può scatenare con molta facilità, anche perché gli uomini Bonda portano sempre con sé arco e frecce. I Bonda sono riconoscibili anche per il loro abbigliamento, in cui spiccano i larghi e grossi collari in bronzo o in alluminio, i grandi bracciali e le cinture vistose. Le donne Bonda non si coprono il petto con un capo di abbigliamento, ma con innumerevoli fili di perline, che ricoprono anche il loro capo rasato. Per coprire le parti intime portano un gonnelino a righe molto succito, chiamato ringa, tessuto al telaio di casa.

venerdì 6 luglio 2007

A degustare vino greco nel Peloponneso

Il Peloponneso costituisce la regione vinicola più grande della Grecia, dal momento che i suoi vigneti rappresentano il 38% della totale superficie viticola della Grecia. Diversi sono i vini prodotti in questa zona. C'è il Mantinia, un vino bianco prodotto dal vitigno Moschophilero, un uva aromatica e dalla buccia colore rosa, da cui si produce un vino secco, leggero e profumato. Il Patras è un altro vino bianco prodotto però dal vitigno Rhodotis, talvolta è leggermente rosato, ed è un vino molto fresco ed equilibrato. Un vino rosso è invece il Nemea, prodotto da vitigno Agiorgitiko, un'uva a bacca rossa molto diffusa, il cui vigneto è situato a nord-ovest del Peloponneso, vicino all'istmo di Corinto. Buoni e consigliati sono anche i vini liquorosi prodotti in questa regione, come il Mavrodaphni di Patrasso, un vino liquoroso rosso, prodotto dall'omonimo vitigno, al quale viene aggiunta anche una miscela di Nero di Corinto. Questo vino è maturo dopo 10 anni e il vitigno da cui viene gli conferisce una particolare fragranza. Vi sono poi dei moscati importanti come il Moscato di Patrasso e il Moscato di Rione di Patrasso, entrambi del vitigno Moscato Bianco. Essi sono di colore topazio, utilizzabili sia per gli aperitivi sia per accompagnare il dessert.

giovedì 5 luglio 2007

L'isola di Corfù, non solo spiagge e divertimento

Corfù è una delle isole greche più visitate. Sicuramente le spiagge (Aghios Georgios, Aghios Gordis, Kassiopi, Kalami, Barbati, Glyfada, Sidari sono solo alcune di queste) e la vita mondana (Dassia e Ipsos sono in questo senso, per i loro locali, i loro ristoranti e le loro discoteche, le mete più ambite dai più giovani) sono al centro del flusso turistico tradizionale, ma Corfù merita una visita anche per altri elementi di interesse. Uno di questi è le bellezze architettoniche ospitate dal capoluogo dell'isola, Kerkyra. Qui si vedono ancora i segni della dominazione veneziana, con tante vestigia, palazzi e semplici case che hanno lo stile tipico di quel periodo. Un consiglio per Kerkyra è di fare una passeggiata intorno alla Spianada Square, una delle più grandi piazze d'Europa. Qui è possibile anche godersi un buon caffè in uno dei tanti bar posti sotto l'Arco di Liston, costruito durante l'occupazione dell'impero francese. Un altro aspetto interessante da notare a Corfù è la ricchezza della sua fauna, con più di 150 specie diverse, molte delle quali rare, come la mayremys caspica, una tartaruga d'acqua dolce, l’ibis del tipo plegadis falcinellus, la platalea leucorodia, il gelochelidon nilotica, l’airone argentato, il cormorano pigmeo, e le anatre selvatiche. E' bello poi girare l'isola con una bicicletta o una moto su e giù per le fertili colline, ricoperte di viti, olivi, agrumi e fichi, e magari fare una passeggiata per raggiungere la montagna più alta dell'isola, il Pantokrator, alto 908 metri.

mercoledì 4 luglio 2007

L'isola di Salamina, dove si svolse la più grande battaglia navale dell'antichità

Non è tra le isole che solitamente sono meta dei grandi flussi turistici, ma l'isola di Salamina merita una visita per diversi motivi. Innanzitutto per ragioni storiche. Qui infatti si è svolta quella che forse può essere definita come la battaglia navale più grande dell'antichità, in cui gli ateniesi sconfissero i persiani di Serse nel 480 a.C. Secondo la tradizione mitologica poi l'isola, che prenderebbe il suo nome dalla ninfa Salamina, avrebbe partecipato alla famosa guerra di Troia. E qui nacque il grande poeta greco Euripide. Oggi Salamina è l'isola più grande dell'arcipelago Argosaronico e la più vicina alla terraferma atenise. Tra il porto di Atene Pireo e il porto Paloukia di Salamina vi sono infatti solo 2 km, percorribili in 40 minuti di aliscafo. Mentre la parte a nord dell'isola, a causa della sua vicinanza al porto di Atene, non è balneabile, a sud dell'isola si trovano le spiagge di Kanakia, Peristeria, Yialia e Satirli. Altre spiagge balneabili sono quella di Selinia, sulla costa est, e di Eandio, sulla costa ovest. Ma forse più che le spiagge, meritano una visita il capoluogo dell'isola, Salamina, che ospita molti edifici costruiti con lo stile architettonico tradizionale, la località di Abelakia, con l'acropoli dell'antica Salamina, e la località di Peristeria, dove si trova la grotta di Euripide. Consigliabili infine sono anche il Monastero della Faneromeni, che si trova all'interno di una fresca pineta a 6 km a nord-ovest della città di Salamina, il Monastero di Haghios Nikolaos, e il Museo Archeologico di Salamina.

martedì 3 luglio 2007

L'isola di Kythira, una delle più incontaminate della Grecia

Tra tutte le isole della Grecia Kythira è una di quelle dove il flusso turistico di massa è arrivato più tardi. E' una delle isole Ionie, a sud est del Peloponneso. Il capoluogo dell'isola è Chora, costruita su una rocca a picco sulle baie. Dalla fortezza della città si gode di un ottimo panorama.
Altra cittadina interessante da visitare è Kapsali, un paesino che si sviluppa su due baie distinte, una con una bella spiaggia, l'altra con un porto di pescatori dal sapore antico, dietro al quale sorge, arroccato su una collina, il monastero di Agios Joannis, dove si dice che San Giovanni abbia cominciato a scrivere l'Apocalisse. Proprio dalla baia di Kapsali, si può uscire in barca e, andando verso sinistra, raggiungere le spiagge di Kiriakolou e Chalkos, due delle più belle spiagge dell'isola. Altre spiagge belle e incontaminate sono Kaladi, incastonata tra rocce a strapiombo sul mare e con dei fondali molto belli, e Vroulea, dove si dice sia nata Venere, la dea della bellezza. Ci sono poi altre zone molto tranquille nell'isola di Kythira. Una di queste è Palaiopoli, un'area pianeggiante con un litorale vasto e sabbioso molto bello, dove non è raro trovare campeggiatori e naturisti. Avlemonas è un altro posto dove regna la pace. Si tratta di un un tipico paesino di pescatori situato alla fine di una pittoresca e rocciosa baia, con un castello veneziano sul promontorio lì vicino. Da qui è possibile anche fare una gita in barca alle isole Dragones, isole piuttosto aride e piatte, ma con dei fondali molto belli. Un posto forse ancora più fuori dal mondo è Andikythira, un isolotto raggiungibile con un viaggio in barca di 2 ore, dove si trovano solo 4 casette e una spiaggetta di sassi, con un'atmosfera antica che rende questo luogo forse il più incontaminato dell'isola. Un'altra meta molto poco battuta dell'isola è poi Milopotamos, un paesino dell'entroterra nascosto tra monti e vallate, da dove si può raggiungere la cascata di Neraida, un posto molto suggestivo completamente immerso nella natura.

lunedì 2 luglio 2007

I piatti tipici della cucina greca

Uno dei piaceri più grandi di una vacanza in Grecia è mangiare i numerosi piatti tipici della sua cucina. A cominciare dagli antipasti, la gamma di scelta tra le ricette greche è molto ampia. Si può iniziare spalmando su del pane una delle numerose salse con cui i greci si preparano al pasto vero e proprio: la melitzanosalata, la crema di melanzane, o la taramosalata, la crema di uova di pesce o lo tzatziki, la crema di yogurt, cetrioli ed aglio. Questi appetizers possono essere accompagnati da antipasti più corposi come il polipo stufato nel vino, i dolmadakia, involtini di foglie di vite ripieni di riso, o i tyropitakia, sfoglie ripieni di feta, il formaggio più importante della Grecia, a base di latte di pecora. Dopo l'antipasto, si può passare ai piatti "forti" come il coniglio ripieno, i souvlaki, gli spiedini, lo stifado, vitello cucinato con i cipollotti e il sugo di pomodoro, e il youvetsi, l'agnello con la pasta. Sempre a base di carne sono la bifteki, polpetta di carne fatta con cipolle, prezzemolo e aglio, il mousaka, preparato con carne, melanzane, pomodori, cipolla e besciamella, e la papoutsakia, melanzane ripieni di carne. L'accompagnamento di questi piatti di carne può essere costituito dalla tipica insalata greca composta da pomodoro, cetriolo, peperoni verdi, cipolla, olive nere e feta, il tutto condito con olio e origano. I pesci, dalle maridas al pesce spada, si possono mangiare cucinati in innumerevoli modi. Tra i formaggi, oltre al feta, vi è anche il manuri, molto saporito e anch'esso prodotto con latte di pecora, e il kefalotiri, formaggio di pasta dura adatto per essere grattuggiato. Se si desidera invece un pasto-spuntino o un take-away, si consiglia il tyropita, la focaccia ripiena di feta, o il ghiros, il tipico panino greco, una sorta di piedina imbottita di carne di maiale, pomodoro, cipolla, patatine fritte e tzatziki. Infine, per quanto riguarda i dolci, quelli tipici greci si possono distinguere per la presenza di noci, mandorla e cannella. Due nomi su tutti: il baklavas e il kataifi.